Un po di storia …. La caccia alle streghe

Con il termine caccia alle streghe si indica la ricerca e la persecuzione di donne sospettate di compiere sortilegi, malefici, fatture, legamenti, o di intrattenere rapporti con forze oscure ed infernali dalle quali ricevere i poteri per danneggiare l’uomo, specialmente nella virilità, o nello sciogliere o stringere legami amorosi Il fenomeno della caccia alle streghe nacque all’incirca alla fine del XV secolo e perdurò fino all’inizio del XVIII secolo all’interno dell’occidente cristiano. Benché le prime tesi sulla stregoneria vengano fatte risalire alla letteratura cattolica del 1400 circa, fu in particolare nelle regioni protestanti che durante l’umanesimo e il Rinascimento” il fenomeno ebbe maggior rilevanza e recrudescenza. In quell’epoca, le streghe, ritenute sospette e pericolose dalle autorità civili e religiose, furono oggetto di persecuzioni che sovente terminavano con la morte.

Nella terminologia moderna, per estensione, con “caccia alle streghe” si indicano fenomeni persecutori di determinate categorie di persone basati sul fanatismo ideologico e su un presunto pericolo sociale atto a scatenare il panico, per cui si giunge a negare i normali diritti di difesa agli accusati e ad avere scarsa considerazione della loro reale colpevolezza o innocenza (come il fenomeno del Meccanismo negli anni cinquanta del ventesimo secolo).

Le streghe nell’immaginario del popolo

Svolazzante a cavallo sul suo manico di scopa di paglia, così viene rappresentata la strega nell’ iconografia popolare ed artistica, immagine che però ricopre una realtà storica complessa, fatta di sapere sciamanico e di persecuzioni, antichissime credenze legate ai culti pagani della fertilità risalenti al mondo antico ed oltre, senz’altro alla fine del paleolitico

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La Chiesa Cattolica, mentre da una parte ha sempre combattuto le credenze magiche, dall’altra è stata una forte sostenitrice dell’esistenza oggettiva di streghe, maghi e stregoni, giustificando la credenza nel sabba diabolico. E se, da un lato ha prodotto, nei secoli, diversi documenti (tra cui il Canon episcopi del IX secolo e destinato ai vescovi) contro la superstizione, dall’altro ci sono 13 bolle in cui viene accettata la realtà della stregoneria, tutt’oggi non abiurata. “Fra tutte le eresie, la più grande è quella di non credere nelle streghe e con esse, nel patto diabolico e nel sabba” (dal Malleus Maleficarum).

Il Malleus Maleficarum, scritto da due domenicani tedeschi, Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer, per stabilire i criteri utili a riconoscere e punire le streghe, fu pubblicato nel XV secolo ma non fu mai adottato ufficialmente dalla Chiesa Cattolica. Esso fu riprodotto in ben trentaquattro edizioni con una tiratura stimata di oltre trentacinquemila copie che lo poneva al secondo posto per diffusione dopo la Bibbia.[senza fonte] Ma molti sono i manuali a corollario del Malleus sui metodi di tortura e di applicazione della pena e del modo con il quale riconoscere una strega. Nel 1580, Jean Bodin, intellettuale protestante ritenuto ispiratore del moderno concetto di stato e teorico della tolleranza religiosa, scrisse La Démonomanie des Sorciers, un manuale giudiziario sul metodo per la tortura e la repressione delle streghe.  (by Wikipedia).

La persecuzione delle streghe

Torture e punizioni medievali in una incisione del 1508.

Le “cacce alle streghe” si concentrarono soprattutto tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Seicento e conobbero due ondate: una dal 1480 al 1520 e l’altra dal 1560 al 1650. Le presunte streghe (e a volte anche i loro figli, soprattutto se femmine), appartenevano per lo più alle classi sociali inferiori ed erano di solito vedove, prostitute, levatrici ed herbarie. Soltanto una piccola minoranza di loro poteva essere realmente annoverata tra i veri e propri criminali (fu il caso della cosiddetta “Voisin“, per esempio, prestatrice di servizi satanici per le messe nere della Marchesa di Montespan, pure lei criminale, favorita di Luigi XIV di Francia, al fine di assicurasi i favori del re), colpevoli di omicidi o di altri gravi reati. La stragrande maggioranza era invece composta da persone innocenti, di ogni età e condizione, spesso “levatrici” e guaritrici o prostitute, in un tempo in cui decotti ed infusi a base di piante usati dall’empirico sapere tradizionale delle guaritrici risultavano non meno efficaci e sicure di medicine e medici: e, d’altra parte, la popolazione, essenzialmente rurale, non aveva altre possibilità per curarsi del ricorrere ai loro rimedi, meno costosi di quelli dei medici. Veniva considerata “strega” anche chi possedeva gatti neri, aveva i capelli rossi o un neo nell’iride dell’occhio (il cosiddetto “segno del diavolo”).[senza fonte]

Molte “streghe” vennero torturate e bruciate vive, con le motivazioni ufficiali più varie, ma spesso in base a delazioni anonime mosse anche da futili ragioni e in molti casi, perché sotto tortura, in cambio della riduzione dei tormenti, facesse il nome di persone possibilmente benestanti, ree di complicità, in modo da poter istruire il processo successivo, considerato fortemente remunerativo, dato che il condannato subiva anche la confisca dei beni.

L’ultima strega condannata a morte in Europa fu Anna Göldi, uccisa nel 1782 a Glarona, in Svizzera. La sua figura è stata riabilitata dal parlamento Cantonale nel 2008[2].

La stregoneria come reato

Targa commemorativa dell’ultima esecuzione per stregoneria in Inghilterra.

La condanna a morte attraverso il rogo non era una competenza propria della Chiesa, bensì dell’autorità civile che, basandosi su una sentenza dell’autorità ecclesiastica, competente in materia, ne emetteva una propria di condanna e provvedeva all’esecuzione. Infatti i giudizi inquisitoriali per stregoneria erano relativi ai contenuti eretici contestati ai “colpevoli” e non avevano titolo a decretare la morte dell’imputato, ma poiché l’eresia era considerata un reato civile, chi risultava colpevole per il Tribunale ecclesiastico e veniva consegnato al “braccio secolare“, anche se avesse abiurato (anzi, paradossalmente, proprio perché attraverso l’abiura riconosceva la sua “mancanza”), vedeva tradursi la sentenza ecclesiastica in condanna penale.

Di fatto però, le condanne a morte erano avallate dalla credenza religiosa popolare che si rifaceva al versetto del Vangelo di Giovanni (15,6) nel quale si dice che: “chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi viene raccolto per essere gettato via e bruciato”. È su questo passo che si giustifica il rogo, con l’appoggio della Bibbia dove si cita “non lascerai vivere mago”[3][4]. Sebbene alla Chiesa Cattolica si debba un numero esiguo di condanne per propria mano, certamente alcuni uomini di chiesa ne sono stati i mandanti cercando di giustificarle attraverso bolle ed altri scritti, o giustificazioni di teologi, portando così il potere temporale ad intervenire. Altre volte era stata la furia popolare a organizzare cacce alle streghe o a improvvisare roghi, motivo per cui talvolta la Chiesa Cattolica, per porre rimedio a forme eccessive di giustizia sommaria, si trovò ad organizzare processi, istituire ispettori (inquisitori), “inventando” nuovi profili giuridici quali l’avvocato difensore e la giuria[4].

Ciò perché l’ortodossia della fede era intesa come corpo portante dell’unità sociale e quindi la sua presenza non violava solamente l’unità della fede, bensì anche l’unità sociale. In realtà la paura delle streghe, indotta nella popolazione ad arte da parte degli oligarchi del potere temporale o della teocrazia protestante, era usata come controllo poliziesco delle rivolte contadine e delle richieste di maggiore libertà del popolo. Tipico è il caso della caccia alle streghe nel Tirolo che rispecchia appieno l’instillazione della paura in eventi soprannaturali per poter controllare le rivolte contadine[3]. Molte volte gli stessi funzionari del potere secolare temevano, se non avessero comminato la pena di morte, di essere accusati di complicità con le streghe.

Di fronte ad una realtà sociale che vedeva in aumento malattie, povertà e fame, la teologia non riusciva più a dare risposte certe al perché certi avvenimenti avvenissero, quindi risulta facile dare la colpa alle streghe (le quali agiscono con il permesso di Dio) per qualsiasi danno sociale: morte di bambini, carestie e altro ancora. Quando più tardi, a causa della Riforma protestante, l’unità della fede non potrà più essere considerata l’elemento di unità della società, si dovranno assumere altri principi, ad esempio la nazionalità o, più tardi, ad una classe sociale; a causa di questa frammentazione, la logica del conflitto diventerà quindi ancora più diffusa a tutti i livelli.

L’entità della persecuzione

Targa commemorativa della caccia alle streghe di Valle Camonica sulla torre Federici di Sonico.

Il numero delle vittime della caccia alle streghe durante i due secoli in cui sia i tribunali dell’Inquisizione che quelli della Riforma le condussero al rogo è stato largamente dibattuto. Il raggiungimento di una certezza sul tema è ostacolato da molti elementi, come la perdita nel tempo di documenti affidabili relativi a gran parte dei processi.

Il motivo principale fu che per paura che gli immensi archivi inquisitoriali cadessero nelle mani degli avversari della Chiesa, molti di questi vennero dati alle fiamme, come a Milano, Mantova, Benevento e quelli della Sicilia con le carte di migliaia di processi[4], o come quelli rubati dai francesi a Roma. Pertanto le cifre che si ipotizzano in ordine alle vittime della persecuzione vanno considerate come ordini di grandezza e spesso sono oggettivamente influenzate dalle opinioni e dalle collocazioni culturali degli Autori che le hanno determinate.

Le stime che trovano più largo consenso parlano di circa 110.000 processi, svoltisi principalmente in Germania (50.000), Polonia (15.000), Francia (10.000), Svizzera (9.000), isole britanniche (5.000), paesi scandinavi (5.000), Spagna (5.000), Italia (5.000) e Russia (4.000). Brian Levack ha valutato le esecuzioni capitali al 55% dei processi, giungendo pertanto ad un totale di giustiziati pari a circa 60.000 persone in tre secoli[5]. In questi processi l’80% degli accusati era di sesso femminile, mentre in Estonia (60%), Russia (68%) e Islanda (90%) vi fu una predominanza maschile[5].

Esistono poi molti studi che pervengono a conclusioni di poco superiori. La situazione muta, ma non di molto, se si passa ad esaminare cifre parziali riferite a particolari aree geografiche che sono state oggetto di studi più particolareggiati ed approfonditi, sulla base del ritrovamento di documenti processuali, non essendo stato possibile recuperare la documentazione per ogni processo celebrato. A risultati notevolmente distanti si collocano pochi autori[6] che arrivano a parlare di 12 milioni di processi e 9 milioni di esecuzioni. Ma tali cifre appaiono del tutto inverosimili, se confrontate con l’intera popolazione europea del tempo.

 

 

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